martedì 4 settembre 2012

LONDRA Entro quarant'anni diventeremo tutti vegetariani.                Non per scelta, bensì per necessità: altrimenti non ci sarà abbastanza cibo per sfamare la crescente popolazione terrestre. Frutta e verdura anziché bistecche e prosciutti. Ecco la dieta dei nostri figli o nipoti, se vorremo nutrire l’intero pianeta.

La profezia viene da un rapporto di illustri scienziati. Ma il loro è un augurio, un’esortazione, più che un pronostico: gli esseri umani vi daranno ascolto? Oppure nel 2050 scoppieranno le guerre del mangiare, o meglio dell’acqua, senza la quale non ci sarebbe praticamente nulla di commestibile da mettere in tavola? Le riserve globali di cibo diminuiscono costantemente, afferma il rapporto del professor Malik Falkenmark e dei suoi colleghi dello Stockholm International Water Institute, mentre la popolazione mondiale non fa che aumentare.

Se l’umanità continua a cibarsi ai ritmi attuali, e soprattutto seguendo la dieta odierna, entro il 2050 ci aspettano catastrofiche carenze alimentari. E per catastrofe si intende qualcosa di molto peggio della tutt’altro che rosea realtà attuale: già oggi, secondo cifre dell’Onu, 900 milioni di persone vanno a letto affamate tutte le sere e 2 miliardi sono da considerare malnutrite.

Ma nei prossimi quattro decenni la terra passerà da 7 miliardi di umani a 9 miliardi, un aumento netto di 2 miliardi che renderà ancora più drammatica la carenza di cibo. E allora che fare? La risposta degli studiosi di Stoccolma, il cui rapporto è stato anticipato ieri dal quotidiano Guardian di Londra, è netta: il mondo deve cambiare dieta. Dobbiamo diventare tutti vegetariani, o quasi.

Attualmente ricaviamo il 20 per cento delle proteine necessarie al nostro fabbisogno da prodotti derivati dagli animali, che si tratti di carne o latticini; ma questa percentuale dovrà scendere al 5 per cento o forse anche a meno entro il 2050, se vorremo evitare carestie e conflitti causati dalla scarsità di cibo. Il problema di partenza è l’acqua. Già oggi scarseggia e in molte regioni è un bene più prezioso del petrolio per la sopravvivenza della nostra specie, ma fra quarant’anni non basterà sicuramente per produrre gli alimenti necessari a 9 miliardi di terrestri.

Il cibo ricavato da animali, infatti, consuma da cinque a dieci volte più acqua di quella che serve a una alimentazione vegetariana. Cambiare dieta permetterebbe dunque di consumare meno acqua per l’agricoltura, e non solo: oggi un terzo delle terre arabili del pianeta sono destinate alla crescita di sementi e raccolti destinati a sfamare gli animali da allevamento. Se mangiassimo meno animali, risparmieremmo acqua e avremmo a disposizione più terra per altri usi agricoli. Il rapporto dello Stockholm Institute viene reso pubblico alla vigilia dell’annuale Conferenza mondiale sull’acqua, che si apre questa settimana a Stoccolma alla presenza di 2500 politici, rappresentanti dell’Onu, ong e ricercatori provenienti da centoventi paesi.

Al convegno verranno dibattute anche altre opzioni, come l’eliminazione degli sprechi alimentari, migliori scambi tra paesi con surplus di cibo e paesi in deficit, investimenti in pompe idrauliche e semplici tecnologie acquifere per l’Africa sub-Sahariana e l’Asia. Ma la proposta più radicale e rivoluzionaria sarebbe al tempo stesso la più semplice: diventare tutti vegetariani (come Bill Clinton, per citarne uno). Rinunciare alle bistecche, per avere abbastanza frutta e verdura per tutti.

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